Descrizione

L'economia alpina in passato, come ancora in molte realtà odierne, era legata ai frutti della terra e in particolare all'allevamento. Non si potevano suddividere i vari settori del "primario", in quanto ogni famiglia si dedicava a ciò di cui necessitava in base alla stagione, al clima che si presentava nell'annata e alle risorse disponibili.
La realtà montana, infatti, non è prevedibile di anno in anno e ostacola lo sviluppo di altri settori come l'industria, viste le caratteristiche paesaggistiche, le difficoltà di spostamento verso e da altri territori e il forte legame alle tradizioni.
Anche la Val Sermenza presenta la situazione tipica dell'area alpina piemontese, costituita dalla predominanza della piccola, in alcuni casi piccolissima, proprietà. Dall'analisi dei documenti si evidenzia la trasformazione subita dall'economia legata ai settori agropastorali e forestali nel corso degli ultimi 150 anni.
Infatti dal 1867, anno in cui fu redatto il catasto Rabbini fino ai giorni nostri, si assiste ad una modificazione delle qualità colturali; passando da una presenza di prato e pascolo cui seguono il bosco e il seminativo, si arriva al ribaltamento del rapporto prato-bosco, con un avanzamento generale dell'incolto ed una redistribuzione del seminativo.
Questo si spiega con il mutato orientamento agrario delle aziende, le quali avvantaggiano il settore forestale rispetto a quello agropastorale.

Bosco

La produzione del legno era favorita, in Valsesia, da una ricca copertura arborea e dalla costante piovosità durante il periodo vegetativo; per questo motivo è detta la Valle più verde d'Italia. Inoltre i singoli comuni hanno contribuito a tutelare ed amministrare i propri spazi forestali ulteriormente controllati dalla polizia forestale.
Infatti già nel XIX secolo un quarto della superficie comunale era amministrato dai vari consorzi, la cui destinazione colturale col tempo ha subito una profonda modificazione.
Prati e pascoli sono diminuiti, è raddoppiata la superficie boschiva, mentre si è formato l'improduttivo anche se su valori relativamente bassi; lo stesso andamento si può constatare per quel che riguarda le varietà colturali, quale il seminativo, che è l'unica qualità non avente un cedimento, anzi i campi coltivati crescono.
Il peso della proprietà comunitaria era formato nel secolo scorso da beni comunali per 22 ettari, cui si dovevano affiancare 1036 ettari di beni consortili delle frazioni divenuti, all'inizio del '900, gli attuali beni comunali.
Gli introiti ottenuti dal taglio boschivo costituiscono ancora una delle maggiori voci del bilancio comunale. Risultano quindi fondamentali il bosco e le attività ad esso connesse. Nel periodo che andava da marzo a ottobre i boccioletesi erano soliti eseguire il taglio del bosco; il legname ricavato era trasportato attraverso teleferiche, carrelli a mano e gerle, mentre nei periodi invernali, sfruttando la neve, erano utilizzate le slitte.

Carbone

Il legno veniva usato per il riscaldamento domestico e per la produzione del carbone, un'attività fondamentale per l'economia di Boccioleto, la cui produzione era soprattutto effettuata nel periodo invernale. I pastori scendevano dagli alpeggi per svernare e, in questa fase dell'anno, si dedicavano anche alla preparazione del carbone, utile poi per tutta la stagione in quanto adatto al riscaldamento delle case e alla cottura dei cibi.
Tre erano le fasi necessarie per la produzione del carbone:

Prima fase: veniva tagliata la legna, dopo di che si preparava una "balla di legno" di cinque per sei metri, chiamata piazzuola.
Al centro si costruiva una sorta di stufa, intorno alla quale il legname era disposto in modo circolare.

Seconda fase: si disponeva altra legna fino a raggiungere la sommità della stufa.
Tutto questo legname era ricoperto con muschio, fogliame e terra, in modo da essere impermeabile; quindi si creavano cinque fori sulla sommità, da cui fuoriusciva il fumo, ed infine si accendeva il fuoco.

Terza fase: dopo avere accertato che la legna stesse bruciando, erano praticati altri fori fino a raggiungere il fondo.
Dopo di che, si lasciava a riposo per otto giorni, trascorsi i quali si tagliava la copertura di muschio, terra e fogliame: in questo modo si otteneva il carbone.


Il legno era utilizzato per la costruzione di assi, tavole e utensili; durante il periodo della guerra era anche molto ricercato dalle fabbriche del biellese per produrre l'energia.
Il legno ricavato derivava dai boschi in parte di proprietà familiare e in parte acquistata a lotti dal Comune, esso era lavorato dal boscaiolo "buscarin", dai carbonai, dai carpentieri, dal falegname, dal bottaio e dalle donne.
I tipi di legno utilizzati erano: castagno, rovere, faggio, noce, abete, larice, nocciolo, tiglio, olmo, frassino, rododendro, foragginoso e ginestra. I mezzi che erano utilizzati per questo lavoro, acquistati o di fabbricazione propria, erano: seghe, segami, asce, roncole, cunei, scure, pialle, rastrelli per le foglie e gerle.

Inoltre era utilizzata la "civera" per trasportare il letame, il bucato e la spesa; questa era fabbricata dal "carpiunat".
Per trasportare foglie e fieno, invece, erano utilizzati il "carpiun" e il "baudan"; il primo di dimensioni inferiori rispetto il secondo, ma entrambi aperti.

Attività legate al sostentamento

Durante le altre stagioni, ad esempio con l'inizio della primavera, l'erba serviva per la produzione del fieno, mentre in estate e in autunno, quando avveniva la transumanza, i prati erano utilizzati per il pascolo del bestiame. Dalle interviste si è constatato inoltre che ogni famiglia possedeva almeno una mucca, un maiale e alcune galline per utilizzo proprio, che garantivano loro un sostentamento necessario per la sopravvivenza; questi però non erano gli unici animali, infatti i più agiati possedevano anche conigli e cavalli.
Inoltre ciascun nucleo familiare era proprietario di un orto dove erano coltivati vari prodotti come: patate, fagioli, segale, orzo, alberi da frutta, canapa, frumento, porri, insalata e carote che poi erano esportati, se non impiegati per uso proprio.
Per poter trasformare i cereali in farina, le noci in olio e la canapa in fibra da tessere erano indispensabili i mulini; infatti nel 1778 sul territorio di Boccioleto, precisamente nella Val Cavaione, ne erano presenti undici.

La composizione

I mulini erano formati essenzialmente da due parti: la macina e la pista.
La macina era l'elemento lavorante di un mulino a palmenti la quale si componeva di un piantone diritto collegato a pietre circolari, azionata mediante la forza idrica.
La pista era la base piatta e circolare situata a terra all'interno del mulino, incavata nella pietra, percorsa, tramite un processo rotatorio, dalle ruote della macina.
Un'altra parte importante, ma non sempre facente parte della struttura del mulino, era il forno. Questa costruzione in muratura era riscaldata a legna e raggiungeva alte temperature atte a cuocere cibi.

La funzione

Il processo di macinazione veniva azionato dall'acqua trasportata dal torrente; questa attivava la macina la quale sminuzzava e pestava la granaglia precedentemente posta sulla pista.
Questo processo serviva per pigiare le castagne e le noci da cui si ricavava un ottimo olio e infine per la lavorazione delle fibre di canapa.
Il forno invece veniva utilizzato successivamente; nel caso in cui fosse la granaglia l'elemento macinato, la farina ottenuta veniva poi tolta dalla macina, impastata con acqua, lievito e sale. Il tutto veniva infornato ad alte temperature per la produzione del pane.

Altre Informazioni

Il processo di macina si svolgeva in inverno e in autunno, sfruttando la maggiore portata d'acqua del fiume in modo da permettere alla macina di azionarsi e dare inizio al procedimento prima illustrato. Gli ingranaggi dapprima erano erti verticalmente, ma con il passare del tempo si iniziò a costruirli in posizione orizzontale per meglio sfruttare la loro potenza.
Nel mulino, come precedentemente detto, non veniva macinato solo grano, ma anche la segale. Questo cereale dona al pane una colorazione scura dando all'alimento il nome di "pane nero" elemento base della scala nutrizionale della popolazione povera.
La macinazione rendeva filabili fibre rigide quali la canapa, infatti era con questo materiale che venivano filati i primi tessuti; successivamente però si aggiunsero delle fibre di lana per rendere le stoffe più calde e piacevoli al tatto.
Non è dunque un caso che la famosa fabbrica di cappelli "Borsalino" si trovasse proprio vicino ai mulini.
I boccioletesi erano anche dediti alla caccia di fagiani, lepri, volpi, falchi, marmotte, caprioli e camosci. Ma sicuramente l'attività maggiormente praticata era l'allevamento di mucche, maiali, capre e pecore da cui si ricavavano vari prodotti tra cui latte, formaggio, carne, salumi e lana.

Allevamento

Tutta la media e alta Valsesia, infatti, ha come attività economica preponderante l'allevamento del bestiame, facilitato dalla notevole estensione di prati e pascoli e dalla costante elevata umidità anche nel periodo estivo.
Da sempre nelle zone di montagna, l'allevamento rappresenta la maggiore risorsa economica ed è il fulcro dell'attività lavorativa per la gente che vi abita, almeno fino a quando le funzioni originarie non sono rimpiazzate da altre, come il turismo. Anche nella comunità di Boccioleto, prima che accadesse il collasso del sistema tradizionale agro-pastorale, le attività lavorative erano finalizzate all'allevamento ed alla trasformazione dei prodotti animali, legate all'attività casearia, cui seguiva la commercializzazione di una parte.
La vita comunitaria e quella domestica sono fortemente condizionate dalle varie attività legate all'allevamento e allo spostamento, ritmato dalle stagioni, dal fondo valle verso gli alpeggi più alti e viceversa.
Collegato al fenomeno della transumanza è l'insediamento temporaneo nella fascia altimetrica d'alta montagna ed è caratterizzato da case private sparse. È questo un tipo d'insediamento tipico.
Le dimore dell'alpeggio hanno un carattere di precarietà, costruite con blocchi di pietra a secco, coperte da lastre d'ardesia, senza solaio in quanto sono abitazione e luogo di produzione per pochi mesi dell'anno; in loro lo spazio insediativo è subordinato alle funzioni produttive.
Infatti, generalmente, sono formate da fienile, stalla ed abitazione anche se questa è molto sacrificata. Spesso, infatti, manca la camera da letto, quindi si dorme nel fienile o nella stalla nelle notti fredde.

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